venerdì 23 marzo 2007

La leggenda del Monte Disgrazia



Lo chiamavano Pizzo Bello perché pascoli lussureggianti lo coprivano in perpetuo. I pastori non si stancavano mai di guardare la bella montagna e di ammirarla.
Un giorno un mendicante stanco ed affamato chiese loro un po’ d’ospitalità ma essi lo cacciarono: intenti a rimirare lo splendore del monte non avevano altri occhi che per lui. Quel mendicante alzò allora una mano, una mano terribile, e maledisse la montagna tanto più cara al loro cuore che l’amore di Dio: le fiamme l’avvolsero bruciandola fino alla vetta e il grande bagliore accecò i pastori.
Da allora è chiamato Disgrazia e le sue rocce sono rosse e l’erba più non vi cresce; i pastori però hanno dato l’antico nome ad una cima più modesta per consolarsene e per potere venerare di più la gloria del Signore.

Da: Val Malenco, Ezio Pavesi (1969). Postato da Fabrizio Picceni.

lunedì 19 marzo 2007

LEGGENDA DI VAL DI TOGNO (O LEGGENDA DEI GOLOSI)

Qualora un viandante si trovasse a percorrere di notte il sentiero che dal lago Painale conduce a Ca’ Brunàl, nel momento in cui la campana della distrutta chiesa di S. Eusebio in Sondrio suona i rintocchi della mezzanotte, potrebbe sentire uno strano rumore come di capre intente a brucare. Le ombre che lo attorniano sono in movimento e se egli tenderà l’orecchio e aguzzerà la vista vedrà pallidi fantasmi strappare l’erba rada di quei pascoli aridi e cibarsene. La Val di Togno è infatti uno di quei luoghi infernali dove coloro che da vivi furnono golosi vengono mandati in morte a scontare il loro peccato nutrendosi di quel cibo miserabile: l’erba della Val di Togno non cresce mai abbondante.

Da: “Leggende e tradizioni valtellinesi” (W. Mevio), postato da Fabrizio Picceni

mercoledì 14 marzo 2007

Una nota di nostalgia

28 ottobre 2006, i laghi della Val di Lei da un crepaccio del ghiacciaio della Ponciagna.
Sassi, ghiaccio, frane e polvere, poi, finalmente, siamo ai due torbidi laghetti di disgelo che giacciono ai piedi della Ponciagna (m 2470). Colori buffi, così vicini e con due tonalità di verde così diverse. Chissà che succede all'acqua? Il lago di Lei, in cui si travasano i laghetti, è di un blu talmente puro e intenso che non sembra essere nemmeno loro lontano parente.
Saliamo una ripidissima scarpata, altre rocce e siamo in vetta al Pizzo Peloso, sullo spartiacque fra l'Angeloga e il Vallone dello Stella. Laghetti ovunque. La neve caduta sulle quote maggiori accentua i colori dell'autunno, oggi ancor confinato entro la linea delle latifoglie.
Accucciati sotto la striminzita croce di vetta (due assi di legno incrociate), rubiamo il calore degli ultimi raggi di sole. Attorno a noi regna la serenità alpina che annuncia il tramonto. Angeloga si corica sotto un velo d'ombra mentre una cupa nebbiolina abbraccia tutto. Il vento sembra emulare le grida dei pastori che richiamano le bestie al crepuscolo. Forse se facciamo di corsa li troveremo ancora svegli, magari davanti ad un fuoco a raccontarsi le loro storie, le antiche leggende...
Ma anche quassù queste cose non accadono più.